(9 ottobre 2020, Giornata Europea dell’Arte Rupestre). Con le sue 104 rocce incise, il Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane costituisce il principale sito archeologico della Valcamonica e uno dei più importanti complessi europei di arte rupestre. La roccia più conosciuta è la n. 1, nota anche come Grande Roccia per le sue dimensioni; sulla sua superficie sono state incise più di 2mila figure: scene di caccia al cervo, di cavalcatura acrobatica, duelli alla spada, donne a braccia levate, granai di legno, oche, papere e galline, le misteriose palette … un tour virtuale permette di scoprirla, di godere della vista del panorama, di sorvolare le sue figure incise osservando riprese fotografiche, rilievi iconografici e modelli 3D ad altissima risoluzione (PDF disponibile).
di Andrea ARCÀ
Naquane, Valcamonica,
la Grande Roccia
Dalla scoperta al tour virtuale online
(9 ottobre 2020, Giornata Europea dell’Arte Rupestre)
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Link principali:
- Tour virtuale della Grande Roccia di Naquane (panofoto sferica, fotopiano e rilievo ad alta definizione, modelli 3D)
- Valcamonica, visita la Grande Roccia! (articolo su TRACCE)
- La Grande Roccia di Naquane, storia delle ricerche (presentazione video)
- La Grande Roccia di Naquane, i metodi di documentazione (presentazione video)
Il Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane (Fusco, Mirabella Roberti 1975), situato in in Valcamonica a Capo di Ponte, è stato istituito nel 1955 dalla Soprintendenza Archeologica della Lombardia (MiBACT-Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo), che lo ha gestito sino al 2018, quando è passato sotto la gestione della Direzione regionale Musei della Lombardia, organo periferico del MiBACT. Con le sue 104 rocce incise, costituisce il principale sito archeologico della Valcamonica e uno dei più importanti complessi europei di arte rupestre. Sulle sue spettacolari superfici di arenaria permiana, un’argilla trasformatasi in roccia 240 milioni di anni fa nel corso delle ere geologiche e alla fine modellata dallo scorrimento dei ghiacciai, si distribuiscono più di diecimila figure incise, sparse sulle tavole e sulle onde di pietra, a volte nascoste da patine e licheni.
La roccia più conosciuta del Parco di Naquane, e una delle più interessanti rocce incise dell’intero arco alpino, è la n. 1, nota come Grande Roccia per le sue dimensioni. Codificata come NAQ1, è larga 24,6 metri e alta 8,2. Tutte le sue 2043 figure incise, dal Neolitico al XX secolo, sono state rilevate e catalogate; non è facile vederle tutte, ancora meno ricordarle, così come la Grande Roccia.
Le figure più antiche, molto poche, non più di sette elementi a carattere geometrico, risalgono alle fasi recenti del Neolitico e/o alle più antiche dell’età del Rame, IV millennio a.C. Un altro piccolo gruppo di otto figure risale alla piena età del Rame, prima metà del III millennio a.C. : due figure umane, un bovide a corna arcuate, una forma geometrica a contorno, quattro alabarde dubbie.
La grande maggioranza delle altre figure è stata incisa alla fine dell’età del Bronzo e soprattutto (oltre l’80%) lungo l’età del Ferro, nel corso del primo millennio a.C., in particolare la prima metà: scene di caccia al cervo, cavalcatura acrobatica, duelli di pugilato e alla spada, figure femminili a braccia alzate, granai in legno, oche, papere e galline, le misteriose palette… e di più, scene di tessitura – uniche nell’arte rupestre europea – e una scena di duello connessa ad una figura di labirinto, probabile rappresentazione del Lusus Troiae, un carosello rituale di iniziazione connesso al mito di Teseo, già conosciuto alla fine del VII sec. a.C. e poi nella Roma repubblicana.
Storia delle ricerche
Le figure incise della Grande Roccia furono viste per la prima volta all’inizio del 1932 da Giuseppe Amaracco – una guida locale camuna – ingaggiato come esploratore retribuito da Giovanni Marro (Marro 1932), l’antropologo piemontese che scoprì, grazie alle ricognizioni di Amaracco, le aree incise del versante sinistro della Valcamonica. Le aree incise del versante destro erano state scoperte poche settimane prima, nel dicembre 1931, da Antonio Nicolussi, assistente di Raffaello Battaglia (Battaglia 1933), archeologo della Regia Soprintendenza di Padova.
Nel 1935, 1936 e 1936 la Grande Roccia fu oggetto di campagne di studio condotte dai ricercatori del Forschungsinstitut für Kultumorphologie (Istituto di ricerca tedesco per la morfologia della cultura; Leo Frobenius, Franz Altheim, Erika Trautmann, Karl Kerényi), che realizzarono riprese fotografiche, frottage e disegni, non particolarmente accurati. Tali campagne, che operavano nel quadro di una ricerca sulla cultura della razza ariana, furono finanziate dalla dalla Ahnenerbe–Associazione tedesca per la ricerca sul patrimonio ancestrale, un’istituzione para-nazista retta dal capo delle SS Heinrich Himmler.
Nel 1954, in occasione della mostra di Brescia dedicata alle armi e alle incisioni rupestri preistoriche, Emanuele Süss realizzò vari calchi tridimensionali in gesso delle parti più interessanti della Grande Roccia; alcuni di essi sono ancora oggi esposti al Museo di Ceto, in Valcamonica.
Nel 1957 NAQ1 è stata rilevata su fogli di carta oleata da Emanuel Anati, che per primo adottò una classificazione diacronica delle figure incise, basata sulla definizione degli stili e sul riconoscimento delle sovrapposizioni, dando così avvio ad una nuova fase della ricerca sull’arte rupestre della Valcamonica e delle Alpi (Anati 1960).
Alla fine degli anni ’80 e nei primi anni ’90 del secolo scorso, A. Fossati e M.S. de Abreu rilevarono alcune figure e scene della Grande Roccia, da utilizzare per i pannelli informativi installati dalla Soprintendenza Archeologica.
Rispondendo alla necessità di produrre una documentazione e un rilievo iconografico aggiornato della Grande Roccia, l’autore (Andrea Arcà, Ph.D.) ha recentemente completato un rilievo a contatto integrale, composto da 221 fogli di PVC trasparente, a coprire 64 metri quadri di superficie incisa, completamente digitalizzato in grafica vettoriale (Arcà 2016a, 2016b).
La restituzione del rilievo iconografico riveste la stessa fondamentale importanza del disegno archeologico, mettendo nella giusta evidenza figure, scene e fasi istoriative; allo stesso modo, presenta molte analogie con una carta topografica, in quanto adotta la proiezione zenitale, la selezione degli elementi più rilevanti, la riduzione della complessità, l’efficacia del disegno e della sua visualizzazione, tutto ciò in vista di una efficace comunicazione e pubblicazione.
Un software specifico, RARO-Rock Art RecOrder, è stato compilato dall’autore per catalogare le figure incise – sono 2043 sull’intera NAQ1, per lo più attribuibili alla prima età del Ferro, VII-VI sec. a.C. – e per produrre al volo un output automatico in formato HTML, potenziato da molteplici opzioni di filtro ai fine dell’elaborazione statistica.
Un modello 3D dell’intera superficie è stato prodotto grazie all’utilizzo di software basato sulla stereo-fotogrammetria, derivandone un modello di elevazione digitale (DEM) e una planimetria a curve di livello. Una serie di più dettagliati modelli 3D è stata prodotta grazie all’aiuto di Paolo Emilio Bagnoli, dell’Università di Pisa, ricorrendo alla stereo-fotometria, tecnica in grado di raggiungere risultati ben più dettagliati del laser scan per quanto riguarda modelli più ravvicinati di singole figure o scene.
Dopo un lavoro di documentazione così lungo e complesso, l’ostacolo maggiore è costituito dalle grandi dimensioni della roccia, dall’estensione non comune della superficie incisa e dal conseguente notevolissimo peso digitale dei file immagine prodotti. Tali file, il rilievo iconografico integrale in scala 1:2 a 300 DPI (18×9 m) e una serie di fotomosaici ad altissima risoluzione (68mila x 21mila pixel solo per l’area nord, 1.4 Gigapixel), non possono essere maneggiati agevolmente da un PC desktop, soprattutto online. Tali condizioni hanno obbligato l’autore a trovare il modo per presentare efficacemente tutti i corredi di documentazione: la soluzione è data dal ricorso alla tassellatura. Tale tecnica, lavorando su molteplici livelli di zoom e suddividendo le immagini in numerosissimi tasselli, permette di aggirare i limiti di visualizzazione ai quali sono soggette le immagini digitali estremamente estese, come i file .JPG o .PSB a livello di gigapixel, che non possono essere mostrati su internet. Tali modalità di tassellatura possono essere applicate sia alle foto panoramiche sferiche che ai fotopiani zenitali o ai rilievi iconografici.
E quindi si è potuto così creare un modello immersivo, nei fatti un tour virtuale interattivo, composto da 4 panorami sferici multi-livello, 16 fotomosaici zenitali ad altissima risoluzione, il rilievo iconografico e 16 modelli 3D (stereo-fotogrammetrici e fotometrici) di NAQ1. Il risultato si configura come uno strumento online utile ai fini dell’analisi archeologica, ma allo stesso tempo un mezzo per mostrare e promuovere in tutto il mondo la grande ricchezza della più importante roccia incisa del Parco di Naquane e della Valcamonica.
La pagina introduttiva del modello rappresenta un vero e proprio ingresso: chi apre la porticina ed entra nel tour virtuale (una volta dentro, muovi il mouse per spostarti e gira la rotellina per lo zoom!) può immergersi nella scoperta della Grande Roccia, godere del panorama, navigare a volo radente sulla superficie incisa ed ingrandirla sino a poter riconoscere anche il più piccolo dettaglio dettaglio – più vero che dal vero! – evidenziato dalla migliore luce radente invernale.
Puoi navigare collegandoti a questo link. Benvenuto e buona visita!
Interpretazione
Sotto l’aspetto interpretativo, l’autore ha analizzato un consistente pacchetto di confronti con gli elementi figurativi che arricchiscono i reperti archeologici contemporanei alle figure della Grande Roccia, in particolare nell’arte vascolare, nella toreutica, negli affreschi tombali e nei bassorilievi su pietra e legno. Trattandosi di un work-in-progress non ancora pubblicato, mi limito ad una generica anticipazione.
I temi principali che emergono dal palinsesto figurativo della Grande Roccia riguardano le scene di tessitura, le figure di cervo, gli armati e le palette.
Per quanto riguarda la prima metà del I millennio a.C., e in particolare per la prima-media età del Ferro, i confronti tematici a livello figurativo evidenziano una fitta rete di relazioni, che mettono il pacchetto iconico dell’arte rupestre della Valcamonica a stretto contatto con le circostanti culture di area venetica, hallstattiana, etrusca e italica, senza peraltro escludere connessioni con influenze greche e vicino orientali. La quasi esclusiva provenienza funeraria dei comparanda, e in minor misura da siti cerimoniali-offertori, pone l’accento un chiaro intento simbolico; la scelta dei programmi figurativi suggerisce una serie di contatti molto più stretti di quanto potrebbe sembrare a prima vista con figure e personaggi di pertinenza mitologica.
Andrea Arcà, PhD
Balma dei Cervi Virtual Museum editor
EuroPreArt webmaster
aarca@rupestre.net
Bibliografia
Anati E. 1960. La Grande Roche de Naquane, Archives de l’Institut de paléontologie humaine, mémoire 31, Paris.
Arcà A. 2016a. Digital Practices for the Study of the Great Rock in the Naquane National Park, Valcamonica, Italy: from Graphic Rendering to Figure Cataloguing, in Campana S., Scopigno R., Carpentiero G., Cirillo M., eds. – CAA2015 KEEP THE REVOLUTION GOING. Proceedings of the 43rd Annual Conference on Computer Applications and Quantitative Methods in Archaeology, Volume 1. Oxford: Archaeopress publishing, 1081-1092.
Arcà A. 2016b. Naquane, Grande Roccia, dalla scoperta al modello bidimensionale immersivo, RSP LXVI, pp. 253-293.
Battaglia R. 1933. Capodiponte: nuove ricerche sulle rocce incise della Valcamonica, Notizie degli scavi di Antichità comunicate alla R. Accademia dei Lincei, serie sesta, vol. IX, fasc. 7°, 8°e 9°, pp. 201-239.
Fusco V., Galbiati A. 1990. Guida itineraria. Naquane. Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri, Capo di Ponte.
Fusco V., Mirabella Roberti M. 1975. Guida Illustrata del Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri, Naquane – Capo di Ponte, Milano.
Marro G. 1932. Il grandioso monumento paletnologico di Valcamonica, Atti della Reale Accademia delle Scienze di Torino, LXVII, disp. 1ª e 2ª, pp. 413-489.
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