Personaggi dell’arte rupestre della Valcamonica: Jack Belmondo

Il percorso artistico e archeologico sperimentale di Jack Belmondo – nome d’arte di Giuseppe Belfiore Mondoni non può essere separato dal suo luogo di nascita, Cerveno, piccolo paese della media Valcamonica. Le prime ricostruzioni di archeologia sperimentale – modellini di capanne, di carri ed aratri – furono da lui eseguite nel 1988 ed esposte nel Museo di Nadro sino al 1991. Tra il 1989 ed il 1990 iniziò le prime esperienze di fusione dei metalli, allo scopo di ottenere quelli che gli parevano i manufatti più interessanti.  (PDF available).

by Angelo Eugenio FOSSATI – Le Orme dell’Uomo



I personaggi dell’arte rupestre
della Valcamonica:
Jack Belmondo di Cerveno

 

(January 31, 2023)

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Il percorso artistico e archeologico sperimentale di Jack Belmondo – nome d’arte di Giuseppe Belfiore Mondoni, 1946-1997, fig. 1 – non può essere separato dal suo luogo di nascita, Cerveno, piccolo paese della media Valcamonica.

Fig. 1. Jack Belmondo a Cerveno davanti ad un mantice a pedali appena ricostruito e adatto ad insufflare il forno per fondere metalli (foto Archivio Le Orme dell’Uomo)

Qui, infatti, si trovano due manifestazioni artistiche che hanno certamente influenzato e determinato alcune sue scelte artistiche: la Via Crucis barocca – che si deve ad artisti della metà del Settecento: Beniamino Simoni e la famiglia Fantoni di Rovetta – e la decennale rappresentazione chiamata Santa Crus (l’ultima si è tenuta nel 2012). La prima costituisce una memoria collettiva sempre presente negli abitanti di Cerveno, col suo carico di umanità e passione; nella seconda egli si misurò con diverse ricostruzioni, soprattutto rifacendo le armi dei soldati romani (fig. 2)..

Fig. 2. Ricostruzioni di alcune armi “romane” usate dagli attori della Santa Crus di Cerveno (fotografia dal volume Jack, 1998)

In realtà egli aveva potuto scoprire la sua vocazione artistica alcuni anni precedenti la prima delle Vie Crucis viventi a cui aveva collaborato – quella del 1972 – quando aveva frequentato l’Istituto Tecnico Paleocapa di Bergamo (1963-1966) dedicandosi al disegno di macchinari. Il suo percorso artistico proseguì prima all’Accademia Tadini di Lovere (1968-1971) e poi all’Accademia Carrara di Bergamo (1973-1978). In effetti forse la produzione meno nota di Jack è quella dei suoi dipinti. La conoscenza della sorella Noemi Belfiore Mondoni (1951- 2016) con alcuni archeologi impegnati nello studio dell’arte rupestre, in particolare con Mila Simoes de Abreu, Ludwig Jafffe e con il sottoscritto, fondatori della Cooperativa Archeologica Le Orme dell’Uomo – con sede proprio a Cerveno – fece avvicinare Jack nei primi anni ’80 del secolo scorso anche a questo particolare mondo e che poi lo impegnò sempre di più rispetto alla produzione di dipinti ad olio.

Le prime ricostruzioni di archeologia sperimentale – modellini di capanne (fig. 3), di carri ed aratri – furono da lui eseguite nel 1988 ed esposte nel Museo di Nadro sino al 1991. Tra il 1989 ed il 1990 iniziò le prime esperienze di fusione dei metalli, allo scopo di ottenere quelli che gli parevano i manufatti più interessanti. Alcune di queste fusioni vennero presentate al 1° Convegno Internazionale di Archeologia Rupestre nel 1992, suscitando l’interesse e l’approvazione dei partecipanti.

Nacque in quegli anni nelle scuole o gruppi di vacanze didattiche un vivo interesse a partecipare a qualche sessione di archeologia sperimentale, tenute dall’artista. Erano numerose anche le richieste di materiale espositivo che provenivano da parte di musei, biblioteche comunali, pro-loco, esposizioni dal carattere estemporaneo, permanente o itinerante.

Fig. 3. Modellini di costruzioni camune ispirate alle incisioni rupestri dell’età del Ferro (foto Archivio Le Orme dell’Uomo)

Belmondo si dedicò soprattutto al rifacimento di asce, alabarde, coltelli e spade. Egli era più affascinato dall’intrapresa di giungere a quella che riteneva essere la forma originale dell’oggetto, più che dalla semplice modalità ricostruttiva di una lama, per quanto la fusione spesso non si presentasse affatto facile dal punto di vista tecnico. Egli, infatti, considerava inutile una ripetizione in serie delle ricostruzioni: ogni manufatto, pur simile ad altri, era da ritenersi un pezzo unico e in questo senso un’opera d’arte e non un oggetto di artigianato artistico, quindi una creazione e non una semplice ricostruzione. Chiunque abbia avvicinato le opere di Jack Belmondo infatti sa di quale “forza propria” siano ancora dotate. Dai piccoli oggetti, i pendagli, alle grandi alabarde tutte le creazioni sono permeate dalla potenza espressiva dell’artista.

Il ritrovamento di Ötzi, l’Uomo del Similaun, presso il Giogo di Tisa (BZ), spinse Belmondo a cimentarsi nella ricostruzione degli oggetti rinvenuti accanto alla “mummia dei ghiacci”: l’ascia, ma soprattutto la faretra e le frecce attrassero l’attenzione dell’artista, da sempre affascinato dalla letteratura zen e dai significati esoterici del tiro con l’arco. Le sue opere fecero bella mostra nell’importante mostra bergamasca Le Pietre degli Dei (1994) dedicata alle stele dell’età del Rame, insieme a pugnali di tipo Remedello e Ciempozuelos, alabarde e asce (fig. 4). Nel 1994 e 1995 le Civiche Raccolte Archeologiche di Milano gli chiesero la ricostruzione di oggetti per un’esposizione permanente sull’età del Bronzo, tra cui un falcetto e un rasoio lunato (fig. 5). Nel 1995 il Civico Museo di Bergamo gli commissionò la ricostruzione di due asce e di un pugnale in bronzo per una mostra dedicata alla metallurgia, oggetti che ancora sono in mostra al Museo. Il pugnale, affine a tipi presenti nelle Alpi nell’Antica età del Bronzo, è considerato un vero capolavoro di fusione, cesellatura ed assemblaggio (fig. 6).

 

Fig. 4. Ricostruzioni dei pugnali di tipo Remedello, a destra, e Ciempozuelos, a sinistra (foto Archivio Le Orme dell’Uomo)

 

Fig. 5. Rasoio lunato dell’età del Bronzo (foto Archivio Le Orme dell’Uomo)

 

Fig. 6. Ricostruzione di pugnale dell’antica età del Bronzo (foto Archivio Le Orme dell’Uomo)

Tra il 1995 ed il 1996 Jack Belmondo si dedicò a quella che è forse la sua opera sperimentale più nota, il granaio-capanna dell’età del Ferro nel parco di Foppe di Nadro a Ceto, purtroppo oggi perduta a causa di un incendio doloso avvenuto nel 2008 (fig. 7). Per costruire questo granaio Jack fece numerosi studi e consultò anche alcuni archeologi che avevano studiato il tema delle costruzioni nelle incisioni rupestri, come Emanuela Tognoni. Infine iniziò a progettare l’opera aiutandosi con alcuni disegni sia di granai che di villaggi palafitticoli, anche dopo aver visitato alcuni musei dedicati al tema delle palafitte, come quello di Desenzano (figg. 8-9). Il granaio venne infine terminato nel 1996. Jack era molto orgoglioso del suo lavoro che, a differenza di altre ricostruzioni di edifici protostorici che si possono osservare in Italia, era costruito senza l’aiuto di chiodi o giunture metalliche. I tronchi utilizzati per la costruzione vennero da lui lavorati e tagliati a mano, senza motoseghe o strumenti elettrici. Come al solito Jack ricercava le condizioni originali del lavoro che stava intraprendendo, misurandosi con le capacità tecniche dell’epoca a cui apparteneva l’oggetto che stava ricreando. Tra le ultime imprese di Jack dobbiamo ricordare l’esperienza al Parco Archeologico di Beynac in Francia nei primi mesi del 1997 chiamato dall’amico Christian Chevillot. Con l’aiuto del fratello Arturo Belfiore Mondoni, egli realizzò alcune fusioni (figg. 10-11). Arturo, fra l’altro, ha raccolto l’eredità artistica di Jack, impegnandosi a mantenere viva la sua memoria e diventando un apprezzato e riconosciuto artista – utilizza soprattutto il ferro e la pietra locale.

Fig. 7. Ricostruzione del granaio che era presente nell’area di Foppe di Nadro fino al 2008 (foto Archivio Le Orme dell’Uomo)

 

 

Fig. 8. Disegno di un granaio dell’età del Ferro (foto Archivio Le Orme dell’Uomo)

 

Fig. 9. Disegno di un villaggio palafitticolo; si nota la firma dell’autore (foto Archivio Le Orme dell’Uomo)

 

Fig. 10. Jack Belmondo impegnato in una fusione presso il Parco Archeologico di Beynac in Francia, 1997 (foto Archivio Le Orme dell’Uomo per gentile concessione della famiglia Belfiore Mondoni)

 

Durante il 1996, una volta terminato il granaio, Il Municipio di Borno commissionò a Jack Belmondo il rifacimento di alcuni oggetti – tra cui numerosi quelli in ferro – provenienti dai corredi tombali rinvenuti negli anni ’80 nella cittadina dell’altipiano e i cui originali sono conservati nel Museo Nazionale Archeologico di Cividate Camuno. L’artista riuscì a completare il lavoro solo due settimane prima di mancare improvvisamente, il 24 aprile 1997.

Angelo Eugenio FOSSATI
Cooperativa Archeologica Le Orme dell’Uomo – Cerveno (BS)

 

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